Good time for a change

“Il mare non bagna Napoli”, scriveva Annamaria Ortese nel 1953, a sottolineare lo stato di degrado e di completo abbandono in cui la bella Partenope versava in quegli anni. Un abbandono politico, istituzionale, per molti morale. Il racconto di come il disinteresse e l’inerzia possano strangolare una terra gravida di tesori. E a più di mezzo secolo di distanza nulla sembra essere cambiato, per la verità. Basta ad esempio una fugace apparizione nei dintorni di Pietrarsa, per capirlo. Lì dove sorge uno dei musei ferroviari più importanti al mondo il mare c’è eccome, ma è un mare sudicio, lercio, vessato dall’inciviltà imperante e dall’incuria più becera, un mare trascurato, derelitto, ripudiato dallo Stato e dalla cosiddetta società civile. Uno scorcio mozzafiato convertito in una squallida discarica a cielo aperto, come tante in quelle zone se ne vedono. Per gli stomaci forti, poi, la spiaggia del Granatello rappresenta una tappa imperdibile. Lo scenario è di quelli da brividi: Capri, Procida, alle spalle il cono del Vesuvio. Sotto i tacchi cartacce, bottiglie di vetro infrante, come i sogni di chi ama visceralmente questi luoghi, vesti lacerate, avanzi d’industria, reperti archeologici di un mondo che si consuma. Persino la carcassa di un vecchio congegno in disuso su cui una profetica parola campeggia: change, cambiamento. A pensarci bene, non potrebbe esserci momento migliore.

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Una risposta

  1. Danilo ha detto:

    Stupendo questo articolo! Domè sei grande!

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